La pigmentazione cutanea, nota come melasma, non è un fenomeno uniforme: alcune alterazioni cromatiche si manifestano in modo lento e silenzioso, senza fastidi evidenti, ma con un impatto estetico significativo.

Il melasma si presenta spesso in questo modo: macchie simmetriche, localizzate principalmente sul volto, in aree esposte alla luce come fronte, zigomi, labbro superiore e mento. Esso si riconosce per la comparsa di macchie simmetriche localizzate sul volto, spesso in corrispondenza della fronte, degli zigomi, del labbro superiore e del mento. È una condizione dermatologica che coinvolge la produzione di melanina, la stimolazione ormonale, l’esposizione solare e la predisposizione individuale.

Durante un confronto con il Dr. Andrea G. Di Stefano, medico chirurgo e specialista in Dermatologia e Venereologia, emerge una visione chiara di come questo fenomeno vada interpretato e trattato. “La prima cosa da fare è distinguere le forme cliniche del melasma, perché non tutte rispondono nello stesso modo ai trattamenti. Esistono forme epidermiche, dermiche e miste, ognuna con caratteristiche differenti alla luce di Wood e alla dermatoscopia.”

Le principali cause

Il melasma si manifesta in soggetti predisposti, spesso a seguito di stimoli ben precisi. La componente ormonale gioca un ruolo centrale, soprattutto nelle donne in età fertile. L’uso della pillola contraccettiva, la gravidanza e i cambiamenti endocrini rappresentano fattori significativi, ma non sono gli unici. L’esposizione al sole agisce come detonatore. Anche in soggetti che non lamentano disturbi endocrini, l’associazione tra luce solare e attività dei melanociti può innescare la produzione eccessiva di melanina.

“Il volto riceve costantemente luce ultravioletta, anche nei mesi freddi o in giornate nuvolose. È una stimolazione costante dei melanociti che, in alcune persone, può dare origine a macchie persistenti,” spiega il Dr. Di Stefano.

Altri elementi rilevanti riguardano la predisposizione genetica, l’assunzione di farmaci fotosensibilizzanti e lo stress cronico, che può modificare la risposta infiammatoria cutanea. In alcuni casi, il melasma si accompagna a disfunzioni tiroidee, segnalando un’alterazione più profonda del metabolismo cutaneo.

Come si presenta

Le macchie del melasma hanno margini sfumati, distribuzione simmetrica e tonalità variabili tra il marrone e il grigiastro. Nelle persone con fototipo scuro, le pigmentazioni appaiono più evidenti e tendono a persistere più a lungo. Il sintomo resta sempre il medesimo: una variazione cromatica che non provoca dolore, prurito o fastidi, ma che incide sull’autopercezione.

“Il disagio non è mai da sottovalutare,” sottolinea il medico. “Anche se non c’è un rischio per la salute, le ripercussioni psicologiche possono diventare importanti, soprattutto quando le macchie si intensificano nei mesi estivi o resistono ai trattamenti abituali.”

La diagnosi dermatologica

L’esame della cute si basa su osservazione diretta, analisi della storia clinica e strumenti diagnostici specifici. La lampada di Wood permette di valutare la profondità del pigmento, mentre la dermatoscopia aiuta a distinguere tra reticolo pigmentario epidermico e depositi più profondi.

“La classificazione corretta è indispensabile,” chiarisce il Dr. Di Stefano. “Una pigmentazione superficiale, come nel melasma epidermico, può rispondere bene a trattamenti topici. In altri casi è necessario un intervento più mirato, come il microneedling o i peeling.”

Il melasma non va confuso con altre pigmentazioni patologiche. Alcune forme di lichen, infezioni virali, reazioni a farmaci o condizioni autoimmuni possono presentare un quadro clinico simile. La visita dermatologica permette di escludere queste possibilità e di costruire un piano di trattamento fondato.

Trattamenti dermatologici mirati

Il trattamento del melasma richiede costanza, precisione e un piano personalizzato. Le opzioni variano in base alla profondità del pigmento e alla tolleranza individuale ai diversi principi attivi.

“La terapia classica si basa su molecole depigmentanti come l’acido kojico, l’arbutina, la vitamina C, l’acido glicolico e il retinoico. Sono sostanze che agiscono a livello dell’epidermide, modulando la produzione di melanina e migliorando la texture cutanea,” spiega il Dr. Di Stefano.

I peeling chimici superficiali consentono un’esfoliazione controllata, che stimola il ricambio cellulare e aiuta a schiarire progressivamente le macchie. Anche il laser frazionato o Q-switched può essere utilizzato, ma con cautela. La reazione infiammatoria che ne deriva deve essere controllata, per evitare l’effetto paradosso di pigmentazioni post-infiammatorie.

L’introduzione dell’acido tranexamico ha offerto nuove possibilità terapeutiche. “Si tratta di una molecola utilizzata originariamente per controllare il sanguinamento, che ha mostrato un effetto depigmentante interessante. Riduce la produzione di mediatori infiammatori e interferisce con l’attività della tirosinasi, l’enzima responsabile della sintesi della melanina.”

Il metodo del microneedling

Tra le tecniche più recenti, il microneedling si è dimostrato utile per veicolare in profondità sostanze attive come la vitamina C e lo stesso acido tranexamico. Microaghi penetrano nello strato più superficiale della pelle, creando microcanali che favoriscono l’assorbimento cutaneo e attivano un processo rigenerativo.

“Il microneedling permette di agire in modo sinergico: stimola la pelle a rinnovarsi e potenzia l’efficacia delle sostanze veicolate. Nel melasma, può migliorare la distribuzione del pigmento e ridurre la visibilità delle macchie senza aggredire la pelle,” afferma il medico.

La scelta dei migliori sieri da applicare in questo contesto richiede una valutazione precisa. Le formulazioni devono essere prive di profumi, conservanti aggressivi e sostanze fotosensibilizzanti. La dermocosmeceutica  professionale fornisce soluzioni ad alta concentrazione, spesso costruite su ingredienti già noti, ma rivisitati in chiave biotecnologica.

Si pensi, ad esempio, al trattamento di Pharcos, formulato con acido tranexamico ad alta tollerabilità, e il Booster Antiaging Emme di DCderma, che sfrutta la bava di lumaca per sostenere il rinnovamento cutaneo e uniformare il tono del viso.

Entrambi risultano indicati in protocolli dermatologici avanzati, sia in fase di trattamento attivo sia durante il mantenimento.

Protezione solare quotidiana

Ogni trattamento depigmentante va affiancato all’uso costante di filtri solari, un passaggio essenziale per evitare la ricomparsa delle macchie.

“Raccomando sempre filtri fisici, come l’ossido di zinco e il biossido di titanio,” specifica il Dr. Di Stefano. “Questi minerali riflettono la luce, evitando l’assorbimento del calore e riducendo l’attivazione dei melanociti. I filtri chimici, invece, possono generare calore e alimentare il processo infiammatorio.”

L’applicazione deve essere generosa, quotidiana e rinnovata più volte durante l’esposizione. Anche in città, anche nei giorni nuvolosi, anche durante brevi camminate. Ogni raggio UV può stimolare il pigmento e vanificare settimane di trattamento.

Una gestione dermatologica oculata

La gestione del melasma si costruisce nel tempo, attraverso un percorso continuo che tenga conto della risposta cutanea, delle variazioni stagionali e delle caratteristiche individuali. Nei soggetti predisposti, le recidive tendono a ripresentarsi con facilità, per questo motivo ogni trattamento richiede un adattamento progressivo, modulato sull’andamento clinico e sulle condizioni della pelle.

“In ogni paziente valuto la storia clinica, il fototipo, i trattamenti pregressi e l’uso di cosmetici o farmaci fotosensibilizzanti. Da lì si costruisce un piano terapeutico a lungo termine,” conclude il Dr. Di Stefano.

Contenere le pigmentazioni richiede costanza, precisione e una visione clinica che segua con attenzione i cambiamenti della pelle. La stabilità si costruisce attraverso interventi graduali, scelte quotidiane ben orientate e un accompagnamento dermatologico fondato sull’osservazione e sull’esperienza.